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Non è facile stimare l’effetto della dieta sulla prestazione sportiva. Anche se oggi nessun corridore (professionista, dilettante o amatore) può prescindere da ciò che mangia se vuole pensare seriamente alla sua performance sportiva. Oggi sono soprattutto i ciclisti dell’élite che osservano attentamente regimi di dieta e confermano l’importanza di mangiare intelligentemente. Ma la pratica si sta diffondendo sempre più verso il basso. I corridori esperti di solito sono più capaci dei principianti di sentire i segnali fisici di regimi dietetici diversi.
Il livello di zucchero nel sangue è il primo elemento che influisce sulla necessità di mangiare in bici, durante l’uscita. Se si bruciano grandi quantità di calorie senza reintegrare, il livello degli zuccheri nel sangue comincerà a diminuire e ci si sente immediatamente stanchi. Molti corridori interpretano questa fatica come mancanza di resistenza di tenuta, ma, più probabilmente, forse non hanno mangiato abbastanza. Mangiando ogni 20 – 30 minuti dopo la prima ora di ogni uscita, si può evitare questo problema. Dunque la prima regola è quella di portare cibo con sé nelle uscite superiori all’ora e ricordare di mangiare poco, ma con regolarità. Banane, fichi, uno dei tanti snack disponibili sul mercato, ricchi di carboidrati, succo di frutta diluito con acqua, sono facilmente disponibili e facilmente si digeriscono sulla bicicletta. Evitate cibi con alto contenuto di grassi, e gli zuccheri, che possono causare una reazione dell’insulina, lasciando l’atleta con livelli di zucchero nel sangue più bassi di prima di mangiare.
Mangiare mentre si pedala non è facile per qualcuno. Oltretutto occorre stare molto attenti allo stimolo della fame; ma quando arriva, spesso è troppo tardi. Lo stress fisico dell’esercizio, infatti, deprime il centro della fame del cervello.

GLI ZUCCHERI

Specialmente durante sforzi intensi, non si sente la fame fino a che lo zucchero (glucosio) nel sangue non raggiunge livelli pericolosamente bassi. Così, se durante un’uscita si sente fame, vuol dire che nel sangue lo zucchero è caduto a livello basso cioè che si è aspettato troppo a lungo. Dunque il primo suggerimento è: non aspettate di aver fame per mangiare (e lo stesso vale per la sete).
Una crisi di fame può avere effetti duraturi, anche dopo l’episodio che l’ha determinata. Può influire, cioè, sul recupero e sulla qualità e gli effetti dell’allenamento. Non mangiare o mangiare male durante prove di lunga durata (superiori all’ora) può perfino non produrre gli effetti di adattamento positivi dovuti all’allenamento. Livelli normali di zucchero nel sangue (il glucosio) sono essenziali per metabolizzare il grasso. Quando lo zucchero nel sangue è basso, non si riescono neanche a bruciare bene i grassi. Dunque, è un pregiudizio che se si compie un’uscita lunga e non si mangia si bruciano i grassi e le riserve. Non si può addestrare il corpo a bruciare grasso mangiando meno durante un allenamento.
Recenti studi, inoltre, hanno dimostrato che non è vero che il grasso si brucia solo ed esclusivamente pedalando e ritmi blandi e a lungo. Anzi, una forte mobilitazione della massa lipidica è stata osservata in allenamenti molto intensi e con numerosi sforzi anaerobici. Il glucosio, inoltre, è anche l’unico combustibile che il cervello può usare. Se si determina una situazione di fame glucidica, il cervello diventa anche incapace di pensare chiaramente; i riflessi si appannano; le azioni in sella si confondono e si rischia perfino la propria incolumità.

LA SETE

Anche per la sete valgono gli stessi principi. Occorre fare molta attenzione: provare e riprovare in allenamento per determinare bene la quantità di liquidi da reintegrare al termine di uno sforzo, come e quando. E’ ovvio che un atleta estremamente addestrato potrà meglio giudicare quanto e come bere. La sete dipende da molti fattori: dalla fatica prima di tutto; dalla temperatura, altitudine, umidità, densità dell’ aria, da come e quando si è bevuto prima e durante l’uscita.
La disidratazione è uno dei nemici principali del ciclista. E qui la regola è una sola, bere (moderatamente) prima di aver sete. Nelle uscite lunghe è bene porsi dei periodi fissi (ogni mezz’ora – tre quarti d’ora a seconda del livello dell’impegno) anche se non si sente immediatamente la necessità. Una piccola perdita di fluidi, anche solo del tre per cento del proprio peso corporeo può condizionare moltissimo la prestazione. La disidratazione danneggia la termoregolazione, la traspirazione e perfino la circolazione del sangue. Il sangue diviene, cioè, più spesso e denso, creando stress cardiaco e processi metabolici che condizionano pesantemente lo sforzo fisico.
Un primo suggerimento è quello di bere abbastanza prima dell’uscita, specie nella stagione calda. Bisogna bere almeno per quanto si suda. Acqua principalmente. Quanto alla supplementazione con “bibite sportive” occorre stare molto attenti. Molte bibite non contengono più fattori riequilibranti dell’equilibrio irdo-salino di un buon succo di frutta diluito.
L’Associazione Dietetica americana ha dimostrato una diminuzione della prestazione in atleti che hanno bevuto fluidi con elettroliti (sali) comparati ad un gruppo che aveva assunto solo acqua. Ma anche un eccesso di fluidi zuccherini può influire negativamente. L’alto tasso di zuccheri, infatti, può provocare una reazione di “rebound”, cioè un aumento dell’insulina che brucia rapidamente ogni riserva glucidica e lascia senza substrati energetici. Ciò può già avvenire per concentrazioni zuccherine pari a 100 calorie per borraccia. Dunque, attenzione: l’alta concentrazione di zuccheri nelle bevande cosiddette “energetiche” diminuisce la capacità del liquido di prevenire o frenare la disidratazione.
E’ controversa nella letteratura sportivo-medica la questione della concentrazione ottimale dello zucchero in una bevanda presa durante esercizio. Il problema ha un aspetto legato alle caratteristiche individuali molto condizionante. In questo caso il metodo del prova–e-riprova, per quanto antico, risulta il più concretamente adatto. In questo senso l’allenamento deve servire da test: alla fine ciascuno troverà la concentrazione giusta di zuccheri per il suo fisico e per il tipo di sforzo personale.

LE PROTEINE

Importante è anche il discorso dell’apporto proteico. Molti ciclisti optano per una dieta ricca di carboidrati. Ma anche qui occorre distinguere: tale dieta dà beneficio per le competizioni di resistenza, ma non è una buona idea scendere nella dieta quotidiana sotto il 14% delle calorie totali derivanti dalle proteine. Esse sono la riserva di “combustibile” durante l’esercizio di resistenza, ma gli amminoacidi però giocano anche un ruolo fondamentale nel metabolismo del muscolo. La loro azione ricostruttiva del catabolismo muscolare da sforzo è nota. E, se un dimagrimento deve essere ricercato per ottenere un miglior rapporto peso-potenza, esso va fatto tenendo conto di una “ricostruzione” del muscolo che è necessaria, pena la perdita di potenza. Se gli amminoacidi vengono “usati” per produrre energia la ricostruzione muscolare sarà insufficiente e verrà quindi meno quel meccanismo di super compensazione fondamentale per recuperare l’allenamento e per creare un aumento della capacità di performance atletica.
Inoltre, una deficienza di proteine abbasserà le difese immunitarie rendendo l’atleta soggetto ad ammalarsi alla prima occasione.

I GRASSI

Quanto ai grassi: sebbene livelli del colesterolo raramente siano un problema per i ciclisti, una dieta con molti grassi può influire sulla prestazione.
I grassi producono circa nove calorie per grammo. Hanno un ruolo importante nell’equilibrio ormonale ed influiscono sulle cellule nervose. Una dieta equilibrata deve avere una sua percentuale di grassi, ma, generalmente, non oltre il 25% – 30% del fabbisogno calorico.

I CARBOIDRATI

I carboidrati sono la vera riserva energetica nel “serbatoio” di ogni ciclista. La percentuale ottimale di calorie dedotta da carboidrati varia dal 50% al 60%.
I migliori sono i carboidrati complessi. Pane integrale, pasta, riso, patate, fagioli, piselli e mais sono le migliori fonti di carboidrati di qualità. Un modo di assicurare buoni livelli di zucchero nel sangue durante una corsa è quello di provocare una “supercompensazione” di carboidrati nel fisico. Ciò si ottiene attraverso una dieta in due fasi: povera di carboidrati (tre giorni) e ricca di carboidrati (tre giorni). In questo modo i muscoli riescono a incamerare anche il doppio del glicogeno muscolare abituale. Questo “carico di carboidrati” presenta vantaggi (specie in prove che superano le due ore), ma anche svantaggi. La prima fase (priva o quasi di carboidrati) è spesso molto stressante. Inoltre, un atleta carbo-caricato peserà anche di più a causa del quantitativo di molecole d’acqua immagazzinate con ciascuno grammo di glicogeno. Dunque per il ciclista il rapporto costo-benefici va verificato caso per caso.

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